Ieri il Post con un articolo a firma Pietro Cabrio ha parlato della nostra Nazionale, in procinto di affrontare il Mondiale transalpino. La partecipazione alla rassegna mondiale è stata il pretesto per un’analisi più attenda del nostro movimento. Il pezzo lo potete leggere qui.
In sintesi, il titolo lo anticipa, nel pezzo si spiega che la nostra Federazione rappresenta un’eccezione nel mondo dello sport, considerato che la Nazionale sostiene (anche male, aggiungiamo noi) la base e non viceversa.
Il ragionamento portato avanti, vi invitiamo a leggerlo, è lucido e preciso, tanto da consegnare un’istantanea impietosa e realistica dello stato dell’arte.
Ciò che lascia perplessi è la totale mancanza di percezione del reale dell’attuale governace federale. Al vertice non ci si rendere conto del grave rischio che si sta correndo. Alla vigilia delle elezioni del 2021, le proposte dell’attuale numero 1 della Fir, apparivano come l’unica speranza di salvezza dell’intero movimento.
Non inventiamo nulla se diciamo che Marzio Innocenti, almeno in campagna elettorale, aveva ribaltato la prospettiva delle priorità. Tutto sembrava ruotare sugli interventi a favore della base, anche a costo di sacrificare qualcosa al vertice.
Poi con l’arrivo in Curva Nord qualcosa è cambiato, tanto da dimenticarsi delle promesse fatte alle società per portare avanti in maniera ancora più massiva il progetto internazionale.
Le motivazioni non le conosciamo e, in questo momento, nemmeno c’interessano. A noi interessa far capire all’intero movimento che ci stiamo infilando in un vicolo cieco. Anzi ci siamo già e sta diventando difficile invertire la rotta ed uscirne.
Troppe volte è stata messa in discussione la nostra partecipazione al Sei Nazioni, non in maniera ufficiale e formale, ma i rumors di stampa a certi livelli, altro non sono che ‘segnali’ per parlare urbi et orbi.
Al momento l’Italia è saldamente in sella, il Sei Nazioni non è in discussione, ma il mondo è in perenne evoluzione. Questo significa che bisogna porsi una domanda: per quanto tempo ancora. Non vogliamo fare gli uccellacci del malaugurio, ma prima o poi il tentativo di toglierci la sedia su cui abbiamo poggiato le regali terga, andrà a buon fine. A noi spetta l’onere di evitare che accada.
Per farlo bisognerà ripensare a tutta l’organizzazione del movimento, che non passa attraverso un maquillage dei campionati seniores, ma dall’organizzazione seria del rugby di base.
Prendiamo cucchiai di legno da sempre, pur spendendo fior di capitali per la Nazionale, raschiare qualche euro al rugby di vertice, per destinarlo ai club, nella peggiore delle ipotesi ci farà conquistare qualche altro cucchiaio di legno, ma con prospettive di crescita diverse.
Qualcuno forse ignora che ogni partita del Sei Nazioni costa circa 200mila euro solo di gettone di presenza. Oltre alle spese di trasferta per tutta la delegazione, a volte troppo nutrita, e di soggiorno.
Senza voler essere populisti, lungi da noi, ma iniziare a sforbiciare? Rimettere la Chiesa al centro del villaggio, è chiedere troppo? Non sappiamo chi vincerà le prossime elezioni, ma di una cosa siamo certi: il quadriennio 2024-2028 sarà lacrime e sangue, i soldi saranno pochi e gli obiettivi dovranno essere centrati per non fare 10 passi indietro. Diamoci tutti una regolata.
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