Duecentosessantamila euro. E’ la cifra che l’ex presidente e Amministratore unico delle Zebre Michele Dalai ha chiesto alla Fir dopo il suo licenziamento avvenuto a maggio scorso. La pretesa è contenuta nell’istanza presentata al Tribunale di Parma – Sezione Lavoro, dagli avvocati Stefania Pattarini e Vanni Marco Ribechi nella causa intentata alle Zebre e alla Federazione Italiana Rugby in qualità di socio unico del club. Michele Dalai in buona sostanza ha chiesto al Giudice di riconoscergli il ruolo di Direttore Generale della società in luogo di quello di Presidente prima e di Amministratore Unico poi. L’accusa dell’ex numero uno della franchigia federale è quella di non aver mai potuto esercitare i suoi poteri decisionali, a causa delle ingerenze quotidiane del Presidente della Fir Marzio Innocenti reo, secondo Dalai di aver ‘eterodiretto’ le Zebre durante tutto il suo periodo di permanenza al vertice della società.
In buona sostanza Michele Dalai chiede la differenza tra quanto corrisposto per il suo ruolo di presidente (per il primo anno parliamo di 25mila euro) e amministratore unico rispetto a quanto avrebbe dovuto percepire per la sua mansione di fatto di Direttore generale alle dipendenze di Marzio Innocenti e, dunque, della Fir. Nel fascicolo viene spiegato che Marzio Innocenti avrebbe costantemente indicato a Dalai le decisioni da prendere: dalla scelta dell’allenatore o dei giocatori, fino all’individuazione dello sponsor tecnico. A sostegno di queste tesi Dalai avrebbe depositato gli screenshot dei messaggi whatsapp inviati dal numero uno federale, certificando dunque nero su bianco la voglia del presidente Fir di incidere sulle scelte societarie. A rafforzare la tesi è la decisione di Marzio Innocenti di cambiare la governance delle Zebre, passando nell’aprile del 2022 da Consiglio di Amministrazione ad Amministratore unico, conferendo l’incarico allo stesso Dalai.
In quell’occasione Innocenti fece scrivere a verbale una precisazione importante “Esula dei poteri dell’Amministratore unico la stipula di contratti sportivi con giocatori, staff tecnico e medico, che dovranno essere pertanto preventivamente autorizzati dal socio unico”. Di fatto il sigillo sulla volontà di Innocenti di ‘comandare’ in casa Zebre. Una ‘postilla’ poi cassata 5 mesi dopo, forse a causa della presa di coscienza di qualcosa ai limiti della legge. Ma il dettaglio che più lascia basiti è la lettera inviata a Michele Dalai per sollevarlo dall’incarico, dove viene utilizzato il termine “licenziamento”, proprio dei contratti di lavoro subordinati. Ora sarà il Giudice a stabilire se Dalai ha ragione oppure no. E la cosa si fa interessante, perché in caso di vittoria dell’ex numero uno delle Zebre, un Tribunale certificherebbe un fatto piuttosto delicato e cioè che Innocenti era l’amministratore occulto della società, il che aprirebbe a scenari potenzialmente deflagranti. Non è il primo contenzioso che la Fir si trova a gestire dopo l’elezione di Marzio Innocenti alla presidenza. Nella maggior parte dei casi la federazione ha preferito non finire in giudizio, proponendo accordi extragiudiziali fortemente onerosi per le casse della Fir.
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