Il titolo appare fuorviante o, come si usa dire, ‘acchiappaclick’, ma non lo è. E’ quanto accaduto con la riforma dei campionati voluta da Marzio Innocenti, con tempi piuttosto compressi, che ha stravolto l’esistenza di circa 40 società. Come già qualcuno ha fatto notare, la divisione della Serie A in A/1 e A/2 ha tracciato un solco profondo tra l’attività di vertice e quella di base. Il presidente federale, in tutta onestà, lo aveva preannunciato alla vigilia delle elezioni, spiegando di voler un rugby professionistico e uno amatoriale.
La riforma dei campionati va in questa direzione, è indubbio, però il modo è stato quantomeno discutibile. A noi appare come una fusione a freddo che ha premiato più il colpo di deretano che l’effettivo merito. Inoltre ha ‘costretto’ tante società a fare un passo indietro non voluto. Ed ecco che vi spieghiamo le 30 retrocessioni.
Fino ad oggi le squadre di serie A partecipavano al secondo livello agonistico Nazionale. Quaranta squadre suddivise in 4 gironi. Ora il secondo livello è appannaggio di sole 10 squadre (la A/1), le altre 30 finiscono tutte in A/2 e, dunque, nella terza serie Nazionale. In buona sostanza quella serie B come l’avevamo imparata a conoscere 30 anni fa.
Nulla di scandaloso se fossimo arrivati a tale risultato in almeno due anni. Soprattuto per dare la possibilità alle società di programmare la propria collocazione e il proprio futuro. Immaginare due gironi di serie A/1 avrebbe consentito di avere 20 squadre nella seconda serie Nazionale, che si sarebbero giocate l’anno prossimo l’accesso alla serie A/1 a girone unico. Inoltre si sarebbero ridotti i costi delle trasferte per la prossima stagione in attesa di pianificare un impegno più importate.
Mentre le altre 20, dunque le ultime 5 di ciascun girone, non avrebbero avuto di che recriminare coscienti del proprio livello. A sostegno della tesi è arrivata ieri una dichiarazione rammaricata del presidente della Rugby Roma Roberto Corvo: “L’hanno sbandierata come la rivoluzione senza retrocessioni, ma dal nostro punto di vista hanno degradato 30 società. Perché se è vero che la soluzione di concentrare 10 squadre in una Serie A1 cuscinetto, consente di gestire le spese a un livello intermedio, dall’altro lato hai declassato, tolto ambizioni e riconoscimento a club che quest’anno hanno speso anima e risorse. Non ci si rende conto forse di quale difficoltà ci sarà nel promuovere il proprio lavoro presso sponsor e istituzioni se ci si ritrova declassati da una Serie A a una Serie A2? E’ stato inferto un vero e proprio danno a 30 club”.
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