Anche le Fiamme Azzurre ‘debuttano’ nel mondo del rugby. Nel comunicato federale n° 4, pubblicato nei giorni scorsi, si apprende che il Consiglio Federale ha deliberato, tra le altre cose, l’affiliazione del Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre. A naso, una buona notizia. Anzi, ci spingeremmo a dire che sia ottima. Nei fatti, però, non lo è; anzi, la questione appare piuttosto seria.
E allora proviamo a spiegare cosa è successo. Il 18 marzo scorso, il Ministero della Giustizia ha pubblicato il bando di corso per 16 posti nel Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre (il pezzo qui). Dei 16 posti disponibili, 9 erano destinati al rugby e, nello specifico, alle rugbiste, per quello che doveva essere il progetto Seven femminile. A concorrere c’erano 10 ragazze per 9 posti, ma solo 2 sono risultate vincitrici. In sostanza, il progetto Seven è naufragato prima ancora di iniziare.
Delle 10 ragazze, una non è risultata idonea per un piccolo problema di vista, e le altre 7 non hanno superato le selezioni perchè tatuate. Ora, lasciamo da parte i giudizi sulle leggi e rimaniamo sui fatti. I fatti dicono che, per entrare in un corpo militare o in una forza di polizia, non bisogna avere tatuaggi visibili. A quanto pare, le ragazze non rispettavano tale requisito.
Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti: le Fiamme Azzurre hanno chiesto l’affiliazione, ma serve solo a mettere un ‘cappello’ sull’assunzione di due rugbiste. La Penitenziaria non svolgerà alcuna attività federale con i propri colori, e non potrebbe essere altrimenti con sole due atlete.
Dunque, l’ennesimo progetto annunciato in pompa magna dalla vecchia governance, e di cui si vantava la Consigliera delegata al Femminile del vecchio Consiglio Federale, Francesca Gallina, si rivela un fallimento. E la colpa non è certo della Penitenziaria.
Non lo è perché, quando si presenta un progetto e si parla con un’istituzione che decide di investire a favore della Federazione, nulla deve essere lasciato al caso. Proporre una partnership per il Seven significa presentarsi con nomi certi da far partecipare al concorso. I tatuaggi delle ragazze, immaginiamo, fossero presenti anche 12 mesi fa. E, se non lo erano, a maggior ragione bisognava vigilare sulla responsabilità delle atlete di non farseli. Siamo convinti che, come accaduto in altre situazioni gestite dalla vecchia governance, sia stato costruito un castello senza pensare alle fondamenta. È stato ‘venduto’ un contenitore senza sapere se potesse essere riempito di contenuto: la forma, ma non la sostanza. A quel punto, il castello è crollato.
Ma c’è di più: secondo quanto apprende Pianetarugby.it, i vertici della Penitenziaria non l’hanno presa bene. I più scaltri sanno che i Gruppi Sportivi, tutti, devono fare salti mortali per convincere i Ministeri di riferimento a bandire concorsi riservati agli atleti. Devono inoltre lottare per il numero di posti da mettere a concorso. Ebbene, 9 posti su 16, vale a dire oltre il 70%, sono stati destinati al rugby. Per ottenere questo risultato, qualcuno ci ha messo la faccia, convinto della bontà del progetto. Allo stesso tempo, altri hanno fatto fatica a ‘digerire’ la nuova concorrenza.
Ora il rischio è che i vertici del Gruppo Sportivo e della Penitenziaria, delusi da tale situazione, possano ripensarci e abbandonare il progetto, preoccupati di nuovi flop che sarebbero difficili da giustificare. Dunque, dopo aver inseguito un Gruppo Sportivo che si facesse carico di investire nel Seven, l’ipotesi di dover ricominciare da zero appare piuttosto concreta, alla luce della credibilità venuta meno agli occhi di un’istituzione che ci aveva aperto le porte.
E comunque, da qualsivoglia punto di vista vogliamo analizzare la questione, non appare certo positiva. Come cantava Vera Nandi: “Ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono, ca tu ‘o chiamme Peppe o Ciro, chillo, o fatto, è niro, niro, niro, niro comm’a che!”
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